Il finale di un romanzo (secondo Nancy Kress)


Dopo aver parlato dell'inizio e dello sviluppo, in questo terzo e ultimo post dedicato al saggio di scrittura creativa di Nancy Kress Inizio, sviluppo e finale, vorrei dare una panoramica sui consigli della scrittrice riguardo la messa a punto dei capitoli conclusivi di un romanzo.

Da un punto di vista personale, ho sempre avuto difficoltà a digerire i finali mal fatti nei romanzi che leggo. Forse perché considero la conclusione come la parte più importante di una storia, quella che determina se personaggi ed eventi lasceranno un'eco su di me o se, al contrario, me ne dimenticherò una volta passata al libro successivo. Credo che questo abbia molto a che fare con la sensazione che il finale ci lascia, di armonica chiusura o di brusca interruzione.

Anche quando scrivo, il finale è per me una parte estremamente delicata. Sia il primo che il secondo romanzo hanno visto due riscritture (abbastanza lievi) degli ultimi capitoli, mentre per il terzo è andata molto peggio. Tutti i beta reader mi hanno infatti detto che così com'era non funzionava affatto. Le ragioni di questa opinione sono state varie, ma alla fine tutti concordavano che lasciava un'impressione di insoddisfazione. Quando ho deciso di lavorarci su, mi sono resa conto di una cosa importante: un finale non funziona a dovere se non è stato preparato da un adeguato sviluppo. Dunque, se ci si accorge che c'è qualche problema negli ultimi capitoli, è probabile che si debba scavare più a fondo, tornando ancora più indietro per capire dove il meccanismo si è inceppato. Forse in quel caso, occorre ripensare all'intera trama.

E infatti anche nel suo saggio, Nancy Kress sottolinea che è lo sviluppo della storia, ossia il modo in cui viene sviluppata la promessa implicita, a determinare il finale. E dunque il finale deve necessariamente comprendere un buon climax, perché non vi è nulla di più deludente di una storia dove problemi e tensioni non si aggravino a tal punto da arrivare a uno scontro delle forze messe in campo in precedenza. Non siete d'accordo?

In questo senso climax e scioglimento sono strettamente legati, e la loro combinazione determina un buon finale.

Errori da non fare nei capitoli finali

  • Introdurre personaggi nuovi
  • Passare a un altro conflitto
  • Evitare lo scontro annunciato

Punti importanti per un climax efficace

  • Il climax deve confermare la visione del mondo implicita nella storia (deve essere una dimostrazione della premise)
  • Il climax deve suscitare emozione (pena la delusione del lettore)
  • Il climax deve creare un'intensità emotiva adeguata al resto della storia (non si può iniziare con un dramma e concludere con un litigio pacato, e viceversa)
  • Il climax deve essere la conseguenza logica dell'intreccio e della storia (deve essere in linea con azioni e il carattere dei personaggi)

Il ruolo dello scioglimento (dénouement)

Lo scioglimento ha il compito di mostrare le conseguenze dell'intreccio e il destino dei personaggi. La lunghezza di questa parte della storia è molto variabile, c'è chi vi dedica appena un paragrafo o una frase. Ma, la brevità è importante, perché se il dénouement si protrae, svuota il climax di ogni emozione. Quello che Nancy Kress consiglia è di:
Rivelare il futuro dei personaggi quel tanto che basta perché il lettore non abbia l'impressione che qualcosa sia rimasto in sospeso.
Sembra che i finali aperti, quelli che lasciano i lettori a decidere il destino dei personaggi, non siano molto amati.
Tranne che in casi rari, dal punto di vista del lettore, una storia non acquista nulla restando incompiuta; quindi date al lettore ciò che chiede: una conclusione. In altre parole, scrivete il dénouement.

Verificare l'efficacia del finale

Domande da porsi per capire se abbiamo scritto un finale adeguato:
  • Il climax deriva logicamente dalle esperienze specifiche che il personaggio ha vissuto nello sviluppo della storia?
  • Il mutamento del personaggio (ammesso che sia avvenuto) è stato preparato dagli eventi dello sviluppo, oppure si tratta di un cambiamento di cui ci si rende conto all'improvviso?
  • Hanno agito nello sviluppo della storia tutte le diverse forze che si scontrano nel climax, senza l'intervento all'ultimo momento di un deus ex machina?
  • Il destino dei personaggi secondari nel climax o nel dénouement è coerente al modo in cui sono stati descritti nello sviluppo?
  • Il finale mantiene la promessa implicita nello sviluppo della storia, ovvero soddisfa le attese create durante lo sviluppo mediante gli avvenimenti, il tono e la prospettiva?
  • Il climax è proporzionato allo sviluppo della storia, ossia non è troppo diverso come intensità drammatica, né troppo breve rispetto al numero totale delle pagine?
E voi che rapporto avete con il finale dei vostri libri? Riuscite facilmente a dare una conclusione soddisfacente alle vostre storie?

Commenti

  1. A me piaciono i finali aperti, non mi piacciono le storie non concluse ;)
    Di romanzi con finali deboli me ne sono capitati parecchi, purtroppo, a volte ho la sensazione che l'autore riesa a costruire tutto bene ma poi non riesca a sbrogliare la matassa (in questi casi meglio un finale aperto ;) )
    Le domande che poni nel finale mi sembrano molto utili, quando mi capitarà di arrivare ad un finale le terrò presenti :P

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    1. E' capitato spesso anche a me di avere la stessa sensazione, che l'autore si fosse messo in una situazione tale da non sapere più come uscirne. Forse è proprio vero che il finale va deciso subito. Meglio un finale aperto, sì, ma purché non sia una specie di ripiego perché non si sa che pesci prendere :)

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    2. Lì sta la bravura dell'autore ;) comunque meglio non risolvere un mistero, o risolverlo solo in parte, piuttosto che dare una soluzione banale.

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  2. Quando costruisco una storia parto sempre dal finale e da quello risalgo. È una forma mentis che viene dal lavoro che faccio, ma credo funzioni anche in questo caso. Questo è il motivo che sta alla base del mio essere un costruttore di storie e che mi rende incapace di sedermi e scrivere, senza avere idea di dove andare a parare.

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    1. Partire dal finale nel lavoro vorrei farlo anche io, se non fosse che c'è sempre qualche manager di mezzo che mi chiede i primi risultati dopo un paio di giorni :P

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    2. Comunemente si costruisce dal finale un romanzo giallo, giusto?

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    3. Presumo di sì, ma io non ne ho mai scritto uno :)
      In effetti, la tecnica funziona con qualsiasi tipo di storia: sapendo che tipo di emozione finale voglio creare e quale sia la premise, non è complicato ricostruire all'indietro.

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    4. Credo anche io che sia un buon approccio quello di andare a ritroso, che si tratti di un giallo o no. E comunque sapere dove si vuole arrivare è un modo per non perdersi per strada :)

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    5. Però mi domando in quale lavoro sia necessario partire dalla fine...??? :D

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    6. Nel mio, ad esempio, prima di iniziare a progettare il primo pezzo di aereo, magari sarebbe utile sapere dove vogliamo arrivare alla fine, ma troppo spesso, per la fretta, si parte con le idee poco chiare e si è costretti a tornare indietro ;)

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    7. Tutti i lavori in cui si progetta l'organizzazione del lavoro: sapere quale debba essere il risultato aiuta molto nell'ottenerlo. Per quanto banale, è un pensiero che la dirigenza spesso si rifiuta di fare, perché poi si scoperchiano magagne e attriti vari :)

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    8. Che anche voi lavorate nell'informatica? Dove il cliente non sa cosa vuole, i commerciali si vendono l'impossibile e il programmatore deve riportare tutti alla ragione? ;)
      Eh, qui scatta il disegnino dell'albero: http://projectcartoon.com/

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    9. Si potrebbe fare un post su come il lavoro che facciamo nella vita influenzi il nostro approccio alla scrittura... Gli ingegneri e gli informativi a quanto pare sono tecnici anche nella costruzione delle storie :D

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    10. Uhm...l'idea è buona. Ma come fare a censire tutti e vedere quanto effettivamente il lavoro "ufficiale" influisca nella scrittura? Organizziamo un meme ed ognuno descrive sommariamente la propria occupazione e poi come organizza il proprio tempo per scrivere? Oppure organizziamo un questionario e aggreghiamo i dati a mò di statistica? :)

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    11. Io propongo un meme, così ognuno resta libero di valutare se e come la propria professione influenzi la scrittura. Poi se ne potrebbero trarre delle conclusioni come ha fatto Ivano con l'auto-bibliografia :)

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  3. Il finale per me è in assoluto la parte più complessa. Da lettore dico che il finale è come il dolce al ristorante, non può mancare e se non mi soddisfa rovina (in parte) anche il migliore dei pasti. Sandra

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    1. Non mangio dolci, ma concordo sul finale. Potrei sostituirli con un Zacapa 23 años? 😊

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    2. Mi piace il paragone con il dolce :) A me è capitato che alcuni non-finali o finali non realistici mi rovinassero completamente il piacere della lettura.

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  4. Non entro nel merito, comunque da lettore concordo in pieno. Un finale indefinito può avere un senso se il testo avrà un seguito e quello in cui crolla il palco spesso rovina il buono sin lì fatto.
    Questo post è veramente ben scritto. Complimenti. Più vi leggo, Maria Teresa, e più mi vien voglia cimentarmi anche nella fiction.
    Un petaloso grazie di cuore 😊

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    1. Grazie Enrico. Credevo che già ti cimentassi nella fiction...
      Credo che scrivere un finale che lasci completamente soddisfatto il lettore sia una grossa sfida, ma vale la pena di impegnarsi :)

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  5. Lo sviluppo della storia determina il finale, è vero, innegabile.
    Sotto certi aspetti, il finale è il vero obiettivo di una storia e un cattivo finale irrimediabilmente ne rovina il valore.
    Come l'incipit, anche il finale è vero lavoro di cesello.
    Mi piacciono i finali quasi "sospesi", quelli che lasciano un sapore non perfettamente definito.

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    1. Sono d'accordo con te: il finale è il vero obiettivo della storia. E' il punto di arrivo di un viaggio, quindi non dare alla storia una conclusione è come interrompere il percorso sul più bello.
      I finali sospesi... alcuni mi piacciono, altri no. Anche lì si vede secondo me la bravura di chi scrive.

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    2. A proposito di finali sospesi, presto arriverà quel mio post su Via col vento, il romanzo della Mitchell, con un confronto con la grande produzione del 1939 di O'Selznick.

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    3. Bene, lo leggerò con piacere :) Ma lo sai che io il finale di Via col vento non l'ho percepito come sospeso? Per lo meno non nel romanzo.
      Mi viene da pensare che questa faccenda dei finali conclusi/non conclusi andrebbe approfondita...

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    4. Ecco, ciò mi fa pensare che devo andare a rivedere bene alcuni passaggi del romanzo, che finiscono col confondersi irrimediabilmente col film. Avessi tempo per rileggerlo tutto!

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    5. Mi hai fatto venire voglia di rileggerlo! Eh ma chi c'ha il tempo?!

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  6. In genere quando concepisco una storia io parto dal finale (che quindi non è mai un problema per me), e proseguo all'indietro: in questo modo l'intera storia mi è completamente visualizzata in mente nella sua interezza.

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    1. Penso che questo metodo aiuti molto, infatti. Nel mio secondo romanzo avevo in testa un finale a grandi linee, ma è stato utile come "faro" man mano che scrivevo.

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  7. Tutti i tuoi articoli sull'argomento sono sempre interessantissimi e istruttivi Maria Teresa, grazie per il lavoro che fai, utilissimo a tutti noi. Sul finale sono d'accordo, un bel finale in perfetta linea con il climax del romanzo conferisce il pieno valore del libro. Non è facile, forse è la parte più complessa di tutto il romanzo.

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    1. Ti ringrazio molto Giulia, soprattutto perché a volte ho il timore che questi post così tecnici possano risultare ostici o poco piacevoli.
      E' vero, il finale è la parte più complessa, quella più delicata. Forse più dell'inizio, perché quando parti hai molte possibilità di scelta, ma alla fine ti ritrovi quasi in un "imbuto".

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  8. Anche se il mio romanzo è ancora ben lungi dall'essere concluso, mi piacerebbe scrivere già il finale per vedere se quello che ho in mente (e che prevede un epilogo spostato un anno più avanti rispetto al climax) può andar bene: il mio timore è che possa essere troppo "happy". Eppure lo vorrei tanto. Ho maltrattato i miei personaggi per tante pagine, quindi meritano una consolazione. :)

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    1. Secondo me scriverlo è una buona idea, ti potrebbe agevolare molto il lavoro.
      Il finali happy piacciono a tutti, non penso dovresti preoccuparti. Soprattutto se hai tartassato molto i personaggi prima :)

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    2. In generale sono più per un finale dolceamaro, e questo lo è, tranne per un elemento talmente happy che temo possa sembrare buonista :D

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  9. Il finale ce l'ho già scritto. Finale + epilogo. Che, per come vedo io la storia, era pure inevitabile. Ma poi sono tornata indietro e sto scrivendo il "come sono arrivati lì". Fino a metà ci sono, tutto da sistemare e riorganizzare, ma ci sono. Nella seconda metà filava troppo liscio, piatto. Poi da Diana Gabaldon ho imparato che più si dà al lettore la sensazione del "è tutto perduto", con il massimo dello sfascio, tale per cui dubiti seriamente che sia un lieto fine, e più il finale poi risulterà grandioso (per lo meno per i canoni che mi sono imposta). "Non c'è redenzione senza dolore". Quindi ora mi si sta sbloccando a livello mentale la seconda parte. Poi scriverla è tutta un'altra cosa!
    I finali aperti li giustifico solo se è già uscito il sequel...

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    1. Sei sempre super organizzata! Anche a me piace quando sembra che tutto sia perduto e poi l'autore riesce a trovare una soluzione intelligente per il lieto fine.
      I finali aperti con cliffhanger a me li tollero solo nelle serie tv ;) Non voglio essere costretta a comprare il romanzo successivo per sapere come va a finire una storia!

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    2. Però occhio a non confondere un finale aperto con una storia non conclusa, ad esempio via col vento (il primo esempio che mi è venuto in mente :D) ha un finale aperto, ma la storia è conclusa ;)

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    3. Giusto. In questo senso non esistono neppure storie concluse... a meno che il protagonista non muoia :)

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  10. "Sembra che i finali aperti, quelli che lasciano i lettori a decidere il destino dei personaggi, non siano molto amati".
    Ecco, questo è il problema. A me, anche come lettore, più che il finale "definito" interessa una vicenda che lasci intendere una trasformazione, un'evoluzione. Purtroppo ho scoperto a mie spese che molti lettori non la pensano come me e preferiscono sempre qualcosa di "definito", anche quando banalizza mortalmente la vicenda. Ergo: quando devo scrivere il finale cerco sempre il giusto compromesso fra il mio modo di concepirlo e quello del lettore medio.

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    1. È un peccato perchè certi finali indefiniti sono così belli, io sono tra quei pochi che amano i finali aperti.

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    2. Lasciare intendere un'evoluzione futura secondo me non è indice di un finale aperto. In qualche modo si indirizza il lettore verso ciò che sarà, anche se non si tratteggiano i dettagli. Per me è stato così con il primo romanzo, dove c'è un finale, nel senso che si chiude l'arco della storia, ma si accenna a cambiamenti futuri.

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  11. A me piacciono moltissimo i finali aperti, perché c'è più da dibattere con le interpretazioni. E' come se anche il lettore partecipasse. Secondo me l'importante è che l'autore trasmetta la sua convinzione che occorra un finale aperto, altrimenti ottiene l'effetto contrario, cioè una sensazione di debolezza. In "Norwegian Wood" c'è un finale di questo tipo che aveva spiazzato molti lettori, me compresa. Ma Murakami aveva detto che andava bene così.

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    1. ... e se l'ha detto lui :)
      A questo punto però mi verrebbe da chiedere: e come si trasmette questa convinzione che occorra proprio un finale aperto?
      Comunque, ho l'impressione che sulla diatriba finale aperto/chiuso, sia proprio una questione di gusti personali, oltre che di particolarità della storia.

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  12. Ho sempre amato i finali aperti, sia nei libri sia nei film. Anche se credo che siano molto più difficili da gestire di quello che può sembrare. Anche perché, invece, non amo i sequel che, di solito, sono di livello inferiore. Credo che il finale aperto debba avere una caratteristica: offrire la conclusione dell'autore ma lasciando invece al lettore la propria interpretazione.

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    1. Mi sembra una buona definizione di finale aperto ben scritto quella che hai dato. E' un difficile equilibrio da ottenere, ma sicuramente quando si trova la formula giusta, lascia una sensazione più duratura e profonda rispetto a una conclusione più definita.

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  13. Non sono ancora arrivata alla parte sul finale nel libro della Kress quindi questo post arriva proprio a "fagiuolo" e ti citerò nel mio prossimo post (se mai riuscirò a finire di scriverlo).

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    1. Ho appena letto il tuo post! Devo dire che questa parte del libro della Kress mi è stata meno utile rispetto per esempio allo sviluppo, ma ci sono sicuramente dei punti su cui riflettere. Purtroppo i finali possono essere di così tanti tipi che è difficile dare consigli validi per tutti, secondo me.

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  14. Consigli molto sensati, secondo me. Mi riconosco sicuramente nel lettore scontento perché l'autore ha lasciato la storia sospesa. Nella vita succede che le situazioni non trovino una degna conclusione, ma anche per questo da una storia mi aspetto di meglio.

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    1. La penso come te, le storie sospese (o chiuse così in fretta che non hanno una conclusione vera e propria) mi lasciano molto male. In un certo senso mi sento truffata, soprattutto quando ho letto con piacere tutto il resto.

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